I bambini “mingi” abbandonati e uccisi in Etiopia
Nella Omo River Valley in Etiopia vivono alcune tribù che più di altre comunità dell’Africa credono nell’esistenza di spiriti malefici e di forze soprannaturali. Nulla di sbagliato se non fosse che al di là di queste credenze ci sono azioni gravi come l’omicidio. Le vittime sono i così detti bambini mingi, bimbi considerati impuri perché posseduti da entità demoniache e destinati a morte certa.
Una delle pratiche più diffuse è quella di dipingersi di bianco il viso con polvere calcarea, per allontanare gli spiriti. La credenza nel male è così radicata però che cose come lo spuntare prematuro del primo dentino o i parti gemellari sono visti come manifestazione del male. I bambini maledetti vengono allora strappati ai genitori dagli anziani della tribù e uccisi. Le pratiche più comuni sono l’annegamento o l’abbandono nella savana in balia di iene e altre bestie feroci.
La cultura delle tribù dell’Omo è millenaria e certamente non sarebbe giusto rivoluzionare la quotidianità e le usanze di queste popolazioni occidentalizzandole a tutti i costi, ma piuttosto bisognerebbe educare al rispetto dei diritti naturali dei bambini, al rispetto per la vita e intensificare la presenza sul territorio di associazioni onlus e no profit impegnate nell’assistenza all’infanzia. Molte sono già presenti in Etiopia sia con azioni di volontariato sia con progetti e strutture di accoglienza per bambini orfani, abbandonati o provenienti da contesti difficili.
Per contrastare questa pratica disumana il governo etiope ha imposto di registrare tutte le nascite dei villaggi nella valle dell’Omo ma si tratta di un rimedio placebo perché la credenza è così forte da trovare i mezzi per aggirare la legge. Un fotografo americano, John Rowe, fondatore di OmoChild, ha aperto a Jinka un orfanotrofio in cui sono accolti 37 bambini mingi. Si tratta dell’organizzazione più importante esistente che si prende cura dei bambini mingi salvati dalla morte e che lavora per l’educazione delle famiglie e delle tribù al rispetto per la vita, ma non basta. Anche un imprenditore americano, Levi Benkert, nel 2009 si è trasferito in Etiopia con la moglie e i 3 figli per cercare di salvare i bambini mingi da questo rituale tribale. L’associazione AiBi – Amici dei Bambini ha raccontato la sua esperienza e la sua triste constatazione: ogni anno 800 bambini arrivano ad essere uccisi da una sola tribù!
La valle dell’omonimo fiume Omo è molto famosa anche per altri motivi, nel mondo occidentale. Nel 1980 è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO poiché qui vivono i progenitori dell’umanità e anche per le meraviglie paesaggistiche del posto. Questa è infatti la terra dei safari africani ambiti dai turisti più temerari e la culla dell’umanità perché abitata da una varietà unica al mondo di tribù geneticamente e linguisticamente diverse tra loro. Si tratta però anche di una terra e di una cultura in cui il più elementare diritto umano alla vita non è rispettato, ma spesso i turisti occidentali ignorano questa situazione!
L’impegno del mondo occidentale quindi è necessario e anche da lontano, poiché le adozioni internazionali in questa zona dell’Etiopia sono molto difficili, è possibile aiutare i bambini mingi a salvarsi e a diventare adulti consapevoli, ad esempio sostenendo un’associazione no profit presente sul territorio etiope con una donazione libera, oppure attivando un’adozione a distanza grazie alla quale sarà possibile sostenere i bambini accolti in villaggi e strutture sicure, garantendo loro l’affetto di educatori professionali che possano dargli l’amore che meritano come se fossero una mamma e un papà biologici.
Per maggiori informazioni e approfondimenti:
- http://omochild.org/
- http://www.vanityfair.it/viaggi-traveller/viaggi-mondo/reportage/2012/05/11/sebastiao-salgado-viaggio-nell%27etiopia-sconosciuta#?refresh_ce
- http://www.aibi.it/ita/etiopia-la-lotta-di-una-famiglia-americana-per-salvare-i-bambini-%E2%80%9Cmaledetti%E2%80%9D/
- http://stevemccurry.wordpress.com/2012/10/02/to-save-a-child-3/
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