Plamen, l’orfano che con SOS Villaggi dei Bambini ha ricevuto una famiglia.
“In un orfanotrofio, i bambini vogliono essere portati via. In un Villaggio SOS, vogliono che sia tu a restare con loro” dice spesso Silviya Lulcheva – attrice e ambasciatrice di SOS Villaggi dei Bambini Bulgaria. È con questa frase che Plamen, un bambino adottato a distanza riassume la sua esperienza in uno dei villaggi SOS dell’Europa dell’Est.
Con SOS Villaggi dei Bambini ho ricevuto un’infanzia.
Mi chiamo Plamen. Sono nato nel 1985 e per quasi 8 anni ho vissuto in un orfanotrofio di Dren, un paesino della provincia di Pernik, in Bulgaria. Fino al 1993, non avevo idea di cosa fosse davvero l’infanzia. Poi, sono stato trasferito nel Villaggio SOS di Trjavna e grazie alla mia mamma SOS, Temenushka, tutto è cambiato.
Nel febbraio del 1993, all’orfanotrofio venne un uomo a bordo di un furgone. Mi dissero che era qui per me. Io avevo paura perché non sapevo dove sarei andato. L’uomo mi accarezzò la testa e mi disse che mi avrebbe portato nella mia nuova casa e dalla mia nuova mamma che – aggiunse – avrebbe dovuto venire con lui, ma aveva avuto un imprevisto. I suoi modi erano gentili, la voce rassicurante, diceva che il Villaggio era un bel posto e così facendo dissipò parte delle mie paure.
Sul furgone, scoprii di soffrire di mal d’auto. Avevamo viaggiato per oltre 200km chilometri, superando anche la capitale. Quando stavo troppo male, l’uomo si fermava lungo la strada e mi comprava dell’acqua, o un succo di frutta, aspettava che mi sentissi meglio e poi mi chiedeva se potevamo proseguire. Ogni volta che nei paraggi c’era una cabina telefonica, chiamava la mia nuova mamma per informarla.
Io non ero abituato a tutte queste attenzioni. Quell’uomo, che mi aveva infuso tanta sicurezza, era l’autista del villaggio e tutt’ora lavora lì. È lui che ha accompagnato me e tanti altri tra le braccia delle nostre nuove madri. È la prima persona che mi ha fatto capire che il Villaggio SOS di Trjavna è un luogo in cui un bambino può sentirsi protetto e al sicuro.
La mia prima festa di compleanno.
Poco tempo dopo il mio arrivo al villaggio compii 8 anni. La mia mamma SOS aveva invitato le altre famiglie del centro e preparato una torta e dei dolcetti. La casa era piena di palloncini colorati e c’erano così tanti regali da non riuscire a ricordarli tutti. Una cosa mi è rimasta impressa: la meravigliosa torta di compleanno che era stata preparata per me. Era la mia prima festa, prima non sapevo nemmeno che i compleanni fossero un’occasione da festeggiare.
All’orfanotrofio, era un giorno come tanti. Sapevo quand’ero nato, ma non pensavo che ci fosse qualcosa da festeggiare, per non parlare delle torte, così buone come solo una mamma saprebbe farle.
Mamma SOS: un legame per tutta la vita.
Ogni volta che ne aveva l’occasione, quando andava al suo villaggio la mamma SOS ci portava con sé, ma a volte a causa della scuola non era possibile. All’inizio, non capivamo perché ci affidasse a un’altra mamma SOS e pensavamo che non l’avremmo più rivista. Il suo ritorno diventava invece una specie di festa, rimanevamo abbracciati a lei per ore e non la lasciavamo andare fino a quando non avevamo finito di raccontarle tutto quello che era accaduto in sua assenza. All’orfanotrofio, invece, quando qualcuno se ne andava sapevo che non sarebbe più tornato.
Per me, la mia mamma SOS è la mia vera madre, quella che mi ha reso ciò che sono oggi, quella che ha sempre creduto in me e che mi ha sempre sostenuto. Mi vuole bene, così come io voglio bene lei. Nel 1995, partecipammo all’inaugurazione del Villaggio SOS di Dren, il secondo in Bulgaria: proprio nella stessa città in cui sorgeva l’orfanotrofio da cui mi avevano salvato. Io non avevo capito dove stessimo andando, ma non appena ho sentito parlare di Dren, nella mia mente si sono affollati i ricordi del mio passato. Per tutto il viaggio non ho aperto bocca, con il cuore che mi batteva all’impazzata.
Arrivati al Villaggio, vidi tra i presenti anche i miei ex-educatori. Credevo che sarei tornato con loro, fino a quando mia madre non mi strinse la mano dicendomi: “non c’è niente di cui avere paura, ora sono io la tua mamma”. Poi mi ha abbracciato. In quel momento, mi sentii al sicuro: avevo capito che non importava cosa sarebbe successo, lei sarebbe sempre rimasta al mio fianco.
Avevo circa 11 anni quando mi ferii alla testa giocando. Non era niente di grave, ma perdevo sangue. Gli altri bambini chiamarono subito la mia mamma sos. Lei accorse subito insieme all’autista del villaggio per portarmi all’ospedale. Per tutto il viaggio, non fece altro che pulirmi la ferita dal sangue e abbracciarmi. Mi diceva di non avere paura, ma non c’era bisogno. Non ero spaventato.
Un legame indissolubile
Silviya Lulcheva, attrice e ambasciatrice di SOS Villaggi dei Bambini – Bulgaria, dice spesso: “In un orfanotrofio, i bambini vogliono essere portati via. In un Villaggio SOS, vogliono che sia tu a restare con loro”.
Io cito spesso questa sua frase quando racconto la mia esperienza al Villaggio SOS di Trjavna. Volevamo bene ai nostri fratelli e alle nostre sorelle SOS, volevamo bene alle nostre madri SOS e a tutte le persone che lavoravano nel villaggio e ai nostri amici. Volevamo che chiunque visitasse il villaggio, non importa se fosse un nuovo bambino o un adulto, restasse con noi e fosse parte di quell’amore e quella felicità che noi avevamo trovato tra le sue mura.
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