Il Diario di Viaggio di Maureen: sei mesi al Villaggio SOS di Lilongwe (parte 1)
Com’è la vita in un Villaggio SOS? Come si vive in uno dei paesi in cui la nostra associazione è operativa? A volte capita che un sostenitore abbia il desiderio di andare a trovare il bambino che ha adottato a distanza anche per capire se fosse una adozione sicura, un’esperienza che molti altri hanno raccontato positivamente. Con questa rubrica speriamo di dare un’ulteriore risposta a questa e altre domande. Nel 2011, Maureen e Martin hanno visitato il Villaggio SOS di Lilongwe, in Malawi. La loro esperienza è stata raccontata in un blog, che abbiamo pensato di riproporvi. In questo primo capitolo, Maureen si presenta e ci descrive le sue impressioni.
E alla fine eccoci in Malawi. Mi chiamo Maureen, sono nata in Olanda, ma ho passato la mia vita nelle isole olandesi dei Caraibi; mentre ora vivo in Cornovaglia (Inghilterra) con due figli che ormai vanno all’università. Ho studiato orticultura e mi interesso di ecosostenibilità. Con il mio viaggio, volevo aiutare i bambini del Malawi a diventare indipendenti dando il mio contributo alle loro comunità e introducendo stili di vita sostenibili.
Fortunatamente, Martin (il mio compagno) fa il pediatra, una professione che in viaggi come questo fa comodo. Nei prossimi mesi lavorerà nel Centro Medico SOS del paese. Resteremo qui per 6 settimane e tramite questo blog voglio condividere la mia esperienza con voi.
Prime impressioni
Con nostro sommo sollievo, al nostro arrivo c’era già qualcuno ad aspettarci per condurci al Villaggio, che si trova a circa mezz’ora di macchina dall’aeroporto. Qui, la natura è lussureggiante, i fiumi sono impetuosi e qua e là si trovano pozze di fango: un’immensa pianura con, in lontananza, le montagne. Ogni singolo appezzamento è messo a coltura, compresi quelli adiacenti alle strade: è difficile credere che questa terra coperta di verde sia la terza nazione più povera al mondo.
Lungo la strada, ci siamo fermati a fare rifornimento: penseremo da soli ai nostri pasti. È domenica e non vola una mosca. Dopo la spesa, avevo già consumato buona parte delle mie 100 sterline che avevo cambiato in kawacha, la moneta locale.
Scaricati i bagagli, ci siamo avventurati lungo la strada polverosa del villaggio per dare un’occhiata alla zona. In quel tardo pomeriggio c’erano molte persone a passeggio, bambini che correvano e donne impegnate a cucinare su fuochi all’aperto i tutoli delle pannocchie mentre i figli più piccoli giocavano con le foglie staccate dalle madri. C’era anche chi vendeva pomodori. Tutti erano molto amichevoli, sorridevano e salutavano gridando: “Moni (ciao), come va?”.
Il Villaggio SOS
Solo un cancello separa l’interno del Villaggio SOS di Lilongwe dall’esterno. Si tratta di una struttura ben costruita: l’infermeria e le due scuole (elementare e media) si trovano subito dopo aver varcato l’ingresso, proseguendo si raggiungono invece il centro medico, la dispensa, l’ambulatorio, il reparto di radiologia e il centro di supporto per le famiglie. Ancora più avanti, sorgono le 12 case famiglia dove gli orfani vivono insieme alle loro Mamme SOS. Ogni casa ospita 10 bambini. Dall’altra parte della strada, invece, si trovano gli edifici in cui soggiornano ospiti e membri dello staff; subito dopo ci sono le Case del giovane, quelle dove i più grandicelli imparano a diventare indipendenti prima di proseguire con gli studi. Qui i ragazzi sono seguiti fino ai 23 anni: ovvero fino a quando non avranno completato l’università o i corsi professionalizzanti.
Io e Martin alloggeremo in una delle case per gli ospiti confinanti con gli alloggi degli insegnanti. Il villaggio sembra proprio bello: tutto è costruito con mattoni rossi ed è immerso nel verde. Alcuni bambini sono venuti a giocare sotto il nostro portico: hanno improvvisato una gara di biglie usando tappi di bottiglia, mentre uno di loro faceva da “cronista”, un barattolo vuoto il suo microfono. Altri due, invece, giocavano con un pallone malconcio.
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