Giochi per bambine in Italia e in Africa
Il benessere dei bambini passa anche dal gioco. Lavorando a stretto contatto con storie di miseria e abbandono attraverso l’adozione a distanza, sappiamo che un bambino può essere tale solo quando ha il tempo e lo spazio per giocare. Ma che differenza c’è tra i giochi per bambine italiane e africane?
Simona e Anette condividono l’età di 12 anni, ma sono geograficamente molto distanti fra loro. Simona è italiana e vive nella periferia di Milano con i genitori e una sorella maggiore di lei di cinque anni; Anette è africana e si trova in un piccolo villaggio situato nel Senegal sudoccidentale, in compagnia dei genitori e di tre fratelli minori. Il villaggio di Anette è abitato per lo più da zii e cugini ed è per lei un’unica grande famiglia. Il papà fa il pescatore, mentre la mamma lavora nei campi e accudisce la casa. I genitori di Simona lavorano invece in un supermercato.
Nel periodo delle elementari, nella camera che Simona condivide con la sorella c’erano giocattoli ovunque. Tra quelli ‘ereditati’ spiccavano il Cicciobello e alcune Barbie. Per lei è stata acquistata una serie di fatine che riproduce le eroine di un famoso cartone animato trasmesso in TV. Anette, così come le cugine e le compagne di classe con cui frequenta la scuola pubblica, ha sempre amato le bambole, ma nella sua infanzia senza cartoni animati non si è mai sognata di chiederne una ‘già pronta’. Se le confezionava da sola usando pezzi di legno, zucche, spighe di mais, stoffe. Una volta trovato il corpo adatto per la bambola non rimaneva che dipingere occhi, naso e bocca, farle indossare una collana e vestirla come una principessa.
Come tutte le bambine, Simona e Anette imitano i grandi e in particolare la mamma. La prima si è divertita per tanti anni con una piccola cucina personale munita di elettrodomestici, pentolini e cibarie, in plastica di vari colori e non riciclabile. La seconda ha dovuto ingegnarsi di più, ma il risultato l’ha sempre soddisfatta parecchio: la sua cucina personale era un’asse di legno sulla quale disponeva con cura sabbia, sassolini, frutta e foglie. Il tutto nel massimo rispetto per l’ambiente.

Foto dall’archivio di News.cn
Giocare all’aperto è gioia pura per i bambini e le bambine. Anette è avvantaggiata: il clima tropicale del suo Paese, in prevalenza caldo, consente di condurre una vita all’esterno per gran parte dell’anno. Simona ha meno possibilità di uscire di casa, soprattutto nella stagione fredda. Escluse le strutture scolastiche e il cortiletto interno del suo palazzo, mancano spazi nei quali poter giocare con altri bambini. L’aria è inquinata a causa delle automobili. Inoltre, i genitori non vogliono che i bambini escano da soli perché fuori i pericoli non si contano.
Entrambe le ragazzine amano disegnare con le matite colorate. Simona ha imparato all’asilo, mentre Anette ha atteso di frequentare la scuola pubblica, qualche anno più tardi. Per ora non si sono appassionate molto alla lettura, anche se a scuola non mancano stimoli a riguardo. Negli ultimi tempi Simona e Anette giocano meno o in modo diverso. Le attenzioni della prima sono sempre più orientate al computer, che usa anche per le ricerche scolastiche, a una console per videogiochi e agli scambi di parole e messaggi con le amiche al cellulare. Anette non possiede dispositivi tecnologici e collabora sempre più attivamente alla vita domestica prendendosi cura dei fratellini.
Da quanto sappiamo a queste bambine le opportunità per giocare non sono mancate. Purtroppo, nel mondo vi sono situazioni ben più sfortunate. Dal 1989 le Nazioni Unite riconoscono il diritto dei bambini al gioco, ma in molti luoghi, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, questo diritto è ignorato. Il problema è più grave per le femmine, che spesso devono abbandonare la scuola precocemente per aiutare nelle faccende domestiche e poi sposarsi giovanissime. In Occidente le cose non vanno necessariamente meglio. I problemi delle aree svantaggiate, acuiti dalla crisi economica, si ripercuotono sulle fasce più deboli.
Anche in condizioni di relativo benessere il diritto al gioco non è sempre tutelato adeguatamente: come conferma l’esperienza di Simona, l’urbanizzazione ha ridotto i giochi all’aperto, favorendo quelli sedentari e individuali, mentre la diffusione della tecnologia ha reso la fruizione dei giochi più passiva; infine, la pressione dei mezzi di comunicazione ha trasformato i bambini in consumatori, per un mercato che pare spesso avere altri scopi rispetto a quello di soddisfare i bisogni reali dei piccoli.
Articolo scritto da Guido Tauro
Fonti e approfondimenti:
- Bambini poveri in Italia: chi li aiuta?, 17 Aprile 2012
- Promuovere l’istruzione femminile, 11 Novembre 2011
- P. Ricchiardi, C. Coggi, Gioco e potenziamento cognitivo nell’infanzia. Comprensione, memoria, ragionamento, capacità critica e creatività. La teoria, 2011
- Art. 31, Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia, 1989
- Scuole per l’Africa, UNICEF
- Focus donne, SOS Villaggi dei Bambini Onlus
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