Giornata delle Memoria 2014: in ricordo dei bambini di Terezin
Il 27 gennaio, in tutto il mondo si celebra la Giornata della Memoria, ovvero il giorno in cui tutti noi siamo chiamati a ricordarci delle vittime dell’Olocausto. La data corrisponde al giorno in cui l’esercito sovietico aprì le porte del campo di concentramento di Auschwitz portando alla luce i tremendi crimini di cui si era macchiato il regime nazista di Hitler.
Con i suoi cancelli e l’imponente scritta “Arbet Macht Frei” (Il lavoro rende liberi) Auschwitz è diventata il simbolo dell’Olocausto, col rischio che le altre immani tragedie che si sono consumate all’interno delle mura dei rimanenti campi di concentramento passino in secondo piano.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, la Germania Nazista costruì in tutta Europa circa 15.000 campi, tra cui figura anche quello di Terezin, Theresienstadt in tedesco, tristemente noto come “Il lagher dei bambini” perché degli oltre 15.000 che vi avevano fatto ingresso, finita la guerra solo poco più di 1.000 erano sopravvissuti.
La storia di Terezin
Prima del 1940, Terezin era una cittadina costruita per ordine dell’Imperatore d’Austria Giuseppe II alla fine del XVII secolo. Nelle intenzioni del sovrano, Theresiendstad avrebbe dovuto essere una città militare, una sorta di roccaforte incaricata di proteggere la città di Praga dagli attacchi dell’esercito prussiano. La città venne dotata di due poli dotati di funzioni diverse, chiamati la Grande e la Piccola Fortezza, che però non furono mai utilizzati in tempo di guerra fino a quando, nel 1882, Terezin cessò di essere un avamposto militare: da quel momento, la Piccola Fortezza venne adibita a carcere e qui, tra gli altri, venne anche imprigionato Gavrilo Princip, l’assassino del’Arciduca Francesco Ferdinando d’Austria.
Scampata fino ad allora agli orrori della guerra, nel XX secolo Terezin diventa scenario di una delle più sanguinarie tragedie della Storia quando viene scelta come ghetto in cui imprigionare i detenuti ebrei “illustri” (personalità importanti, o ex soldati decorati che, se fossero stati giustiziati immediatamente, avrebbero danneggiato l’immagine del Reich) e quelli più anziani.
Per questo motivo, Hitler ordina ai cittadini tedeschi l’evacuazione della loro cittadina, evento che Benjamin Murmelstein (rabbino e intellettuale) commenta con queste parole ironiche:
Nel mese di maggio, gli invasori ebrei possono completare l’occupazione della fortezza. Adesso perfino i marciapiedi diventano accessibili, perché non c’è più pericolo di incontrare un ariano.
A Terezin, però, sarebbe presto stato affidato un altro compito: ovvero quello di diventare un potente mezzo di propaganda della Germania Nazista, che l’avrebbe mostrato al mondo come ghetto esemplare facendo passare il messaggio che nel Reich gli Ebrei non sono prigionieri, ma ricevono un luogo in cui vivere.
È con questo scopo che nel 1944, a Terezin, Kurt Gerron (regista olandese prigioniero nel campo) fu costretto a girare un falso documentario in cui si mostrava come gli Ebrei ricevessero un trattamento dignitoso. Gerron aveva accettato di occuparsi del cortometraggio con la promessa che, terminato l’incarico, lui e i suoi familiari sarebbero stati risparmiati. L’opera avrebbe permesso al Regime di confutare tutte le voci sulle condizioni disumane del ghetto. Tuttavia, nonostante le promesse, terminati i lavori Gerron, così come la sua troupe e chiunque fosse comparso nel documentario, furono mandati a morire ad Auschwitz. Tra le persone apparse davanti alla cinepresa di Gerron, c’era anche un gruppo di bambine ripreso mentre gustava un’abbondante cena ignare che quello sarebbe stato uno dei loro ultimi pasti: infatti, nemmeno loro furono risparmiate.
Il ghetto dei bambini
Il destino toccato a loro e agli altri bambini di Terezin è documentato nelle centinaia di poesie e nei disegni che gli abitanti del ghetto riuscirono a nascondere come testimonianza della crudeltà a cui furono soggetti anche i più fragili. Con lo scopo di rendere la loro giornata meno dolorosa, gli adulti del ghetto ottennero il permesso di riunire i bambini, molti dei quali orfani, in un’area apposita, dove nei limiti del possibile si cercava – a dispetto dei divieti in vigore – di dar loro un’istruzione, di intrattenerli con giochi e canti oltre che di insegnar loro a essere indipendenti e solidali gli uni con gli altri. Nonostante questo, i soldati della Gestapo applicavano le ferree regole di Terezin anche ai più piccoli.
Dentro le mura della Grande Fortezza, infatti, anche i più piccoli dovevano lavorare, come documentato dagli agghiaccianti racconti dei pochi superstiti. Alcuni erano chiamati a fare da portamessaggi ed erano incaricati di recapitare messaggi (orali e scritti) sia dentro sia fuori dal ghetto. La crudeltà nazista affidò a loro il compito di portare agli abitanti del ghetto la nota con cui venivano informati che sarebbero stati inclusi nel prossimo convoglio “diretto a Est” (ovvero verso i campi di concentramento), trasformandoli in piccoli messaggeri della Morte. Altri bambini erano costretti a formare lunghe file indiane che terminavano in corrispondenza di un grosso furgone tedesco. Qui, passando di mano in mano, venivano gettati i resti dei morti cremati nei forni. Le scatole, costruite male e chiuse alla meglio, non solo riportavano i nomi del morto, i cui resti erano conservati all’interno, ma spesso lasciavano anche intravedere parte del loro contenuto. Su quelle scatole, molti bambini lessero i nomi dei genitori.
Terezin oggi
La Grande e la Piccola Fortezza cessarono di essere teatro di mostruosità l’8 maggio del 1945, quando le truppe dell’armata rossa raggiunsero Terezin. Al suo interno, i soldati trovarono circa 16.000 persone, molte delle quali erano malate di tifo a causa di un’epidemia che infuriava da tempo. Per questo motivo, i prigionieri di Terezin dovettero aspettare 6 settimane prima di poter abbandonare definitivamente il luogo della loro mostruosa prigionia. Oggi, Theresiendstad è un grande museo aperto al pubblico, mentre molti dei disegni e delle poesie dei bambini sono conservati nel museo ebraico di Praga.
Racconti come questo sono storie difficili da digerire, ma che è doveroso leggere fino alla fine almeno una volta all’anno, non per dar sfogo ai facili moralismi ai quali è impossibile sfuggire nel giorno della Memoria, ma affinché con questo “esercizio” il significato di quel monito che ben conosciamo, “per non dimenticare”, non vada sbiadendosi anno dopo anno.
Per ulteriori informazioni:
- TEREZIN, IL LAGER DEI BAMBINI di Beniamino Colnaghi;
- Il lager di Theresienstadt;
- I bambini di Terezìn:
- Terezìn – informazioni da Wikipedia;
