Guerra nel Sud Sudan aggiornamenti dal Villaggio SOS di Malakal
Nel Sudan del Sud, la guerra civile scoppiata lo scorso dicembre continua a infuriare. Durante la Vigilia di Natale, le truppe dei ribelli hanno invaso anche il Villaggio SOS di Malakal, ma i bambini e gli educatori sarebbero sani e salvi. Per tutto il periodo, le famiglie SOS sono rimaste barricate in casa per proteggersi da eventuali attacchi. Inizialmente, lo staff aveva pensato di evacuare il Villaggio e di spostare i suoi abitanti verso il centro di accoglienza delle Nazioni Unite di Giuba, la capitale del paese, ma avventurarsi per le strade di Malakal durante il conflitto sarebbe stato troppo pericoloso.
Così, si è preferito accertarsi che il Villaggio fosse protetto, di modo che le famiglie all’interno non corressero alcun rischio. Nonostante le precauzioni, però, i soldati ribelli hanno fatto breccia nell’istituto durante la loro ritirata. Alcuni dei militari sarebbero stati feriti mentre erano in fuga, mentre le famiglie SOS non avrebbero riportato alcun danno.
Cosa sta succedendo nel Sudan del Sud?
Da Nairobi, in Kenya, SOS Villaggi dei Bambini continua a monitorare la situazione di modo che, se necessario, sia possibile intervenire per tempo. La situazione presso il campo di accoglienza delle Nazioni Unite, invece, sembra non essere delle migliori: gli ultimi rapporti parlano di feriti e di risorse di cibo e acqua limitate per le 22’000 persone rifugiatesi nella base.
A preoccupare, al momento, è la situazione della città di Malakal. Secondo le ultime testimonianze, i negozi e le banche sarebbero stati saccheggiati, mentre sarebbe stato dato fuoco a serbatoi e cisterne di benzina. In parallelo, gli abitanti iniziano a temere che presto inizierà a mancare anche il cibo e che l’armata dei ribelli possa riorganizzarsi e lanciare un’altra offensiva.
Il Villaggio SOS di Malakal non è nuovo a episodi di violenza come questo. Già nel 2011, infatti, durante uno scontro armato alcuni soldati armati avevano fatto irruzione nel centro sparando contro le case. Fortunatamente, il villaggio era stato evacuato già da qualche tempo e quindi la sparatoria non ha avuto gravi conseguenze.
Questa volta, al centro di queste lotte intestine ci sarebbero le dispute per il possesso di terre e dei giacimenti di petrolio, che fanno da sfondo a una nuova guerra civile in cui a fronteggiarsi sono le etnie Nuer e Dinca, da sempre in lotta tra loro. La situazione è precipitata a dicembre, quando l’attuale presidente Salwar Kiir – di etnia Dinka – ha accusato l’ex vicepresidente Riek Machar di essere coinvolto in un tentativo di colpo di stato ai suoi danni. Da quel momento, per le strade di Giuba, la capitale del Sudan del Sud, è scoppiato un conflitto che vede contrapporsi da una parte le forze governative, dall’altra i ribelli guidati dallo stesso Machar. Da allora, la guerra si è diffusa anche in altre province, soprattutto in quella di Jonglei dove le rivalità per il possesso del bestiame sono più accese. Attualmente, l’esercito ribelle si è impossessato delle città di Bor e Bentiu, mentre alcuni magazzini e mezzi di trasporto delle Nazioni Unite sono stati confiscati, rallentando la macchina degli aiuti.
Il bilancio della guerra civile
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Le prime stime parlano di 1.000 morti nel mese di dicembre, mentre sarebbero 200.000 le persone che avrebbero abbandonato la propria casa nel tentativo di mettersi in salvo. A peggiorare la situazione, da alcune regioni della nazione starebbero arrivando denunce di uccisioni di massa effettuate sulla base del gruppo etnico di appartenenza.
Formatasi soltanto nel luglio del 2011, la Repubblica del Sudan del Sud non è solo uno degli stati più giovani del pianeta, ma anche la nazione più povera della terra. Qui, quasi 140 bambini ogni mille non arrivano a compiere il quinto anno di età, mentre ogni 100.000 nascite circa 2.000 neomamme muoiono nel tentativo di mettere al mondo il proprio figlio. Nelle strade del Sudan del Sud, nonostante i 22 anni di guerra civile che l’hanno portato all’indipendenza, la violenza non si è ancora arrestata e la vita dei neo cittadini è messa a repentaglio quotidianamente.
In questo contesto, sin dalla sua apertura il Villaggio SOS di Malakal si era adoperato per fornire supporto e assistenza alle vittime della guerra civile e per aiutare i bambini soldati a ritornare alla normalità, mentre attualmente ospita circa 100 bambini orfani e si prende cura delle famiglie più vulnerabili residenti in città.
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