Il razzismo spiegato a mia figlia e mio figlio… adottivi
Sulla rivista online “Adoptive Families” è stato pubblicato un articolo scritto da Joemy Ito-Gates e Wei Ming Dariotis, su come affrontare temi legati alle differenze etniche e al razzismo, con i bambini adottati attraverso l’adozione internazionale. Questo perché, vivendo in una cultura differente dalla loro di origine, potrebbero ritrovarsi in situazioni di discriminazione durante la loro crescita. È, infatti, compito di ogni genitore, naturale o adottivo, parlarne con i propri figli e trovare il linguaggio adeguato e specifico a seconda dell’età del bambino.
Joemy e Wei Ming si chiedono come preparare i bambini al rischio di essere discriminati, senza renderli troppo sensibili (e quindi irritabili) sull’argomento, e indicano una serie di consigli pratici.
Il razzismo spiegato ai figli da 0 a 2 anni: negli anni in cui i bambini ancora non parlano del tutto, è importante che tutta la famiglia adottiva conosca le corrette differenze tra razza, etnia, cultura, nazionalità e identità. Giocattoli e libri inerenti all’etnia di origine del bambino, amicizie con bambini e adulti della stessa etnia, l’uso di termini corretti e l’informazione sull’argomento, aiutano a preparare il piccolo e i genitori alle discussioni future.
Il razzismo spiegato ai figli da 3 a 5 anni: i bambini iniziano all’asilo o al pre-scuola a relazionarsi maggiormente con il mondo esterno. Notano più facilmente le differenze tra bimbi e bimbe, i colori della pelle, i tratti somatici diversi. In questa fase si possono spiegare meglio le parole e il corretto uso al bambino, per renderle più familiari, oltre che parlare delle differenze che nota tra i suoi genitori adottivi e se stesso, rassicurandolo. Occorre fare attenzione anche ai discorsi che si fanno con altri adulti in presenza del bambino, per non dare l’impressione di essere nervosi nel parlare dell’adozione o del paese dal quale proviene il bimbo.
Il razzismo spiegato ai figli da 6 a 7 anni: in questa fascia di età i bambini frequentano la scuola primaria e sperimentano il confronto diretto con bambini di diverse etnie. È molto importante aver un buon rapporto con i maestri del bambino adottato, essere coinvolti nelle riunioni di classe per comprendere meglio le dinamiche scolastiche ed eventuali problemi legati a derisioni o bullismo a scuola. Anche in questo caso è importante spiegare al bambino che lui ha il potere di definire chi è e chi vorrà diventare.
Il razzismo spiegato ai figli da 8 a 10 anni: è una fase in cui i bambini usano lo stesso linguaggio che sentono dai genitori adottivi. Iniziano a identificarsi con certi termini, anche se potrebbero non essere del tutto sicuri del loro significato. Bisogna cercare di comprendere quali “stereotipi” sulle razze hanno assorbito dai loro coetanei e instaurare con loro un discorso aperto sull’argomento. I modelli di riferimento sono essenziali in questa età, soprattutto per i bambini adottati. L’amore e la comprensione dei genitori adottivi sono più che mai fondamentali.
Potete approfondire la lettura dell’articolo, in inglese, su Adoptive Families

Buongiorno,
sono la mamma di una bambina adottata. È arrivata in Italia dal mali quando aveva 1 anno.
Mia figlia si è sempre sentita accettata da tutti i suoi compagni anche se spesso ai pranzi di classe sentivo commenti da parte dei genitori sugli immigrati a sfondo razzista. (una mamma in particolare, davanti a me, raccontava che stava aspettando suo figlio maggiore davanti alla fermata dell’autobus e si è chiusa in macchina e allontanata perché c’era uno di quelli di colore e lei aveva paura. Ma questo è il mondo che ci circonda e ho sempre cercato di proteggere mia figlia da queste cose.
Certo lei spesso mi fa domande sul colore della sua pelle diversa dalla mia e sul perché si parla male degli immigrati e in particolar modo dei neri.
Fino al mese scorso nulla di grave. Tutto molto gestibile.
Ma circa una 20 gg fa la bambina dice al padre che non vuole andare a scuola, premetto che mia figlia solare come sempre la mattina la sveglio e in 7 anni non mi ha mai detto non voglio andare all’asilo o a scuola anzi ci va allegramente e con molto entusiasmo.
Quella mattina dice che non vuole. Quando il padre le chiede il perché lei dice: perché io puzzo.
Non perché è mia figlia ma i miei parenti, io e gli amici veri quando la abbracciamo sentiamo sempre un profumo buonissimo sui suoi capelli. Per non parlare del fatto che tutte le mattine si fa la doccia. Fosse stata anche solo in parte vera questa cosa forse potevo immaginare che era una ragazzata (poi vi spiego l’uso di questo termine).
Il padre cerca di approfondire e alla fine lei dice che il suo compagno di banco più volte le dice che non vuole stare con lei accanto perché puzza.
Il padre entra a scuola con la bambina e riferisce l’accaduto alla maestra di matematica che risponde di essere già a conoscenza della cosa dalla maestra di italiano.
Io a questo punto chiedo aiuto a tutte le mamme dicendo che vorrei che la cosa rimanesse un caso isolato e che spero tanto che altri compagni non simulino il compagno di banco di mia figlia.
Non vi racconto cosa è venuto furi da questa mia richiesta perché è talmente triste che mi viene da piangere. I genitori del bambino in questione hanno giustificato la cosa come schiettezza dei bambini di 8 anni. Quindi da giustificare.
Mia figlia in prima elementare ha dovuto anche sopportate la separazione mia dal suo papà. Ha avuto un periodo in cui ha sofferto molto per la paura di abbandono anche da parte mia quando ha visto che il padre andava ad abitare in un’altra casa. Per fortuna abbiamo un rapporto civile e continua a vederla tutti i giorni e partecipa alla sua vita in tutto. Questo lo abbiamo fatto e facciamo per lei.
Abbiamo chiesto anche il sostegno di una brava psicologa che ci ha aiutate in questa fase.
Beh dopo 20 giorni dall’accaduto della puzza le maestre ci convocano a entrambi i genitori. Io ero convinta che l’argomento fosse: 1)come sta la bambina, se ha superato il disagio e 2) abbiamo fatto delle azioni per evitare che queste cose accadano ancora.
Invece il giorno prima di questo incontro mi chiama la rappresentante di classe dicendomi che voleva informarmi del fatto che le maestre sono molto arrabbiate con noi perché abbiamo chiesto aiuto alle altre mamme, che in un centro così piccolo non si possono mettere in piazza certe situazioni successe a scuola e che loro non vogliono essere coinvolte nelle nostre discussioni con le altre mamme. Ma soprattutto che la cosa è una RAGAZZATA.
Il loro problema non è di vedere se la bambina ha superato la cosa e informarci del fatto che la scuola ci aiuterà in questo ma lamentarsi del nostro operato fuori dall’ambito scolastico di una cosa successa a scuola.
Lunedì andrò a sentire cosa mi diranno e vorrei che qualcuno mi consigliasse cosa fare.
Come comportarmi se quello che mi ha riferito la rappresentante di classe è vero e cioè che il loro problema è non coinvolgerle in tutto questo.
Grazie
Franca