I sogni infranti di Samia
Ogni mattina sugli autobus, le metropolitane, i treni e le automobili di tutta Italia si riversano milioni di studenti. Vanno a scuola, è la loro routine, per molti è anche la loro condanna. Per alcuni, andare a scuola è un lento trascinarsi, giorno dopo giorno, fino alle tanto agognate vacanze. Altri ancora, stringono i denti nella speranza di completare la propria tesi di laurea e chiudere definitivamente con blocchi di appunti e libri di testo.
Poco importa se studiare piace o meno, tutti gli Italiani sanno che, almeno fino ai 18 anni, la scuola sarà parte costante della loro vita quotidiana.
Cosa succederebbe, però, se una mattina i nostri figli scoprissero di non dover più andare a scuola?
Cosa significa essere una ragazza in un paese che non riconosce il tuo diritto allo studio come una priorità? Dove solo pochi eletti possono andare a scuola, a prescindere da attitudini, talento e aspirazioni?
Chiedetelo a Samia, nome di fantasia, una ragazza che vive in Somalia, paese tra i più poveri tanto dell’Africa come del Mondo, un paese in cui – quando i soldi vengono a mancare – sono le ragazze come Samia le prime a dover vivere di sacrifici come, nei casi peggiori, rinunciare ad andare a scuola.
Nel 2009, quando è stata costretta a smettere di studiare, Samia aveva 11 anni. I suoi genitori non potevano più permettersi di pagare le tasse scolastiche per tutti i figli della famiglia e, in Somalia, ad avere la priorità è l’istruzione dei figli maschi.
“Mi stavo preparando, come ogni giorno. All’improvviso, mia madre mi ha detto che non sarei più andata a scuola. Solo i miei fratelli avrebbero continuato” – racconta Samia. Il padre, gravemente malato, non poteva lavorare e quindi, essendo rimasta senza un reddito, la famiglia era stata costretta a fare dei sacrifici.
Così, per continuare a mandare a scuola i suoi 5 fratelli maschi, Samia ha dovuto rassegnarsi e rimanere a casa.
Ogni mattina, la ragazza preparava i fratelli per la scuola e dentro di sé desiderava poter andare con loro. Non riusciva a credere che tutti i suoi sogni si fossero infranti dal giorno alla notte. Samia sapeva di avere le capacità per proseguire con gli studi e ottenere ottimi risultati, senza contare che in Somalia la qualità della vita dipende strettamente dall’istruzione ricevuta, senza la quale si è condannati a una vita di povertà e subordinazione.
Samia passava le sue giornate evitando i suoi ex compagni di classe: “a scuola ero seconda a nessuno in tutte le materie. I miei amici mi chiamavano genio. Quando ho dovuto lasciare la scuola, ho sofferto molto: non volevo che mi vedessero in quelle condizioni. Mi sentivo così sola”.
Nel frattempo, la famiglia viveva dei guadagni ottenuti dalla madre tramite i lavori causali che riusciva a ottenere, fino a quando – dopo un anno – la situazione peggiorò ulteriormente. Il padre di Samia morì di AIDS, malattia che era stata diagnosticata anche alla madre, e per evitare le discriminazioni e gli stigma che colpiscono chi ha i genitori colpiti dal virus dell’HIV, il fratello maggiore di Samia era scappato di casa.
La ragazza aveva disperatamente bisogno di aiuto e di soldi per poter sfamare la sua famiglia e fare in modo che almeno i fratellini potessero proseguire con gli studi. Per Samia, era diventato impossibile sostenere il peso di tutte queste responsabilità. Se anche fosse riuscita a trovare un modo per guadagnare qualche soldo nel breve periodo, senza la possibilità di migliorare le sue capacità di leggere, scrivere e contare ottenere un lavoro stabile era un traguardo fuori dalla sua portata e davanti a lei si prospettava quello stesso inesorabile futuro di miseria che attende tutte le ragazze che si trovano a vivere in una comunità che ha fatto della discriminazione femminile la norma.
“Vorrei che il mio paese fosse più attento al tema del diritto all’istruzione delle bambine. Le donne sono molto discriminate quando si parla di scuola” – ha commentato amaramente Samia.
Due anni dopo esser stata costretta ad abbandonare i banchi di scuola, Samia ha potuto farvi ritorno …
… e il merito è tutto di un operatore di SOS Villaggi dei Bambini che, dopo aver valutato i bisogni della famiglia, ha fornito loro tutto il necessario, compreso un servizio di supporto psicologico. Inoltre, l’associazione ha convinto il fratello maggiore di Samia a tornare a casa e ad occuparsi della famiglia. Grazie a un prestito con cui avviare una sua attività, ora, tutta la famiglia può contare su una fonte di reddito costante, mentre Samia e i suoi fratelli possono continuare a studiare con serenità
Sin dai primi anni 80, SOS Villaggi dei Bambini si trova in Somalia dove continua a dare il proprio sostegno alle comunità locali tramite una serie di progetti: alcuni mirano a dare una maggior informazione sui temi dell’HIV / AIDS, spiegandone le cause, altri sono programmi di assistenza per i malati, altri ancora aiutano le famiglie in difficoltà a diventare indipendenti e a migliorare le proprie condizioni.
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