Sulla fame non si specula: finanza e alimentazione
Ovvero come può il mio piccolo fondo di investimenti alimentare la speculazione finanziaria e la fame nel mondo?
Articolo scritto da Roberta Gotti
Per quanti di noi le parole Futures, Derivati e Swap hanno un significato? Sicuramente molto pochi e quei pochi che hanno una vaga idea di quello a cui facciano riferimento questi termini di certo non possono immaginare quale impatto queste tre parole abbiano sul delicato equilibrio alimentare che regola la fame nel mondo. Capita spesso che problematiche molto delicate come questa siano sotto gli occhi di tutti ogni giorno ma che nonostante questo nessuno si renda davvero conto di quello che sta succedendo. Perché?
Forse siamo tutti troppo presi dalle nostre vite e dai problemi di ogni giorno o forse semplicemente certi ambiti, come quello azionario, sembrano troppo al di fuori della nostra competenza per poter essere compresi e decifrati fino in fondo.
Per fortuna c’è però chi non si vuole arrendere ed è convinto che una semplice spiegazione possa aiutare molte persone a chiarirsi le idee sulle dinamiche di meccanismi all’apparenza tanto inaccessibili ed è per questo che COOPI ha lanciato la campagna italiana “Sulla fame non si specula”. Ha messo online un Kit informativo scritto in modo semplice e chiaro per spiegare gli effetti che la speculazione sui titoli legati a prodotti alimentari ha sulla fame in Africa, Asia, Sud America ma anche in Europa.
In questo kit viene evidenziato come l’andamento dei prezzi dei prodotti alimentari di base quali i cereali e la carne sia in continuo aumento e che le previsioni per i prossimi anni siano di un ulteriore incremento che si aggirerà attorno al 20% per i cereali e al 30% per la carne. Ciò renderà questi generi alimentari inaccessibili per i 3 miliardi di persone che vivono con meno di 2 dollari al giorno e che non potranno più permettersi il pane necessario alla loro sopravvivenza.
Per capire a fondo questo fenomeno occorre riflettere su un importante evento che si verificò nel 2008 e che fu molto utile per dimostrare fino a che punto finanza e sopravvivenza siano interconnessi. Un improvviso picco nei prezzi delle materie prime alimentari mobilitò la FAO e fece subito scattare l’allarme perché questa improvvisa impennata avrebbe sicuramente generato una profonda crisi alimentare. Ci furono rivolte per il pane in tutto il mondo e migliaia di persone povere restarono senza cibo… nemmeno il pane necessario alla loro sopravvivenza. Il motivo di questa crisi non fu tuttavia qualche catastrofe naturale che rovinò i raccolti rendendo le materie prime irreperibili ma fu un aumento indiscriminato degli scambi sui titoli legati alle materie prime, che fece balzare a livelli mai visti prima, i prezzi di tutti i prodotti alimentari di base.
La spiegazione di questo andamento sta nel fatto che in passato un prezzo di mercato veniva determinato dall’incontro tra la domanda e l’offerta di un bene fisico che alla fine veniva effettivamente scambiato tra il venditore e l’acquirente. Originariamente i due soggetti stabilivano in anticipo il prezzo del bene da scambiare per mettersi al riparo da aumenti o crolli legati a fattori reali come un raccolto più scarso o più abbondante del previsto a cause di situazioni ambientali avverse.
Oggi invece sui mercati azionari vengono scambiati titoli, i cosiddetti Futures, il cui concetto è rimasto quello di stabilire in anticipo il prezzo di scambio di un bene nel futuro ma non al fine di mettersi al riparo da raccolti scadenti ma per “scommettere” sul valore che quel bene potrà raggiungere. La povertà nel mondo viene aggravata dalle speculazioni finanziarie.
Quando il titolo sta per giungere alla scadenza infatti il contratto viene rescisso non giungendo mai all’effettivo scambio del bene fisico. Questo giochetto oltre a permettere agli azionisti scommettitori di guadagnare ingenti somme di denaro nel caso in cui il titolo venga rivenduto a un valore più alto di quello di acquisto, influenzano fortemente i prezzi delle materie prime sui mercati pur non avendo nulla a che fare con gli effettivi raccolti.
I Futures vengono scambiati alla borsa di Chicago per mais, frumento e soia e grazie al fenomeno della speculazione hanno fruttato nel 2011, insieme agli altri titoli legati ai generi alimentari di base, un giro d’affari complessivo di 26 miliardi di dollari. Oltre ai futures esistono altre categorie di titoli che entrano in gioco in questo giro d’affari: i derivati, gli swap, le opzioni e gli etc.
I derivati, di cui i futures stessi fanno parte, sono titoli il cui andamento non è direttamente legato ad un bene fisico ma ad altri titoli che a loro volta sono legati ad altri titoli ancora fino ad arrivare al titolo di partenza effettivamente legato al prodotto fisico oggetto della contrattazione.
Questa catena di titoli legati fra loro ognuno dei quali genera un delta prezzo tra acquisto e rivendita non fa altro che accentuare le fluttuazioni di prezzo legate alla speculazione generando una sorta di acceleratore dei prezzi che ogni anno priva milioni di persone del cibo necessario per vivere.
Gli swap si basano esattamente sullo stesso meccanismo ma oltre al compratore ed al venditore entra in gioco un terzo soggetto, la società finanziaria, che emette il titolo e fa da intermediario tra i due soggetti coinvolti traendo a sua volta un margine di guadagno da ogni contrattazione.
Stessa cosa per le opzioni le quali però hanno il vantaggio di richiedere un investimento di denaro molto più limitato in quanto l’acquirente non paga il prezzo intero dell’azione ma paga l’opzione (che non rappresenta un obbligo) di acquistare in futuro quell’azione. In questo modo l’investimento iniziale è molto limitato e questo incentiva tantissimi piccoli investitori.
Il mercato dei piccoli investitori è quello che interessa anche gli ETC (Exchanged Traded Commodities) emessi da società finanziare, che a loro volta investono i soldi sul mercato dei futures, sotto forma di titoli molto simili a fondi di investimento. Questa tipologia di titoli permette ai piccoli investitori di acquistare pacchetti di azioni con tagli piccolissimi (anche fino a 50 euro) e il basso rischio di questa tipologia di operazioni alimenta un giro d’affari enorme non imputabile a una sola grande potenza ma a una moltitudine di piccolissimi investitori che guadagnando piccole somme di denaro da queste transazioni non si rende però conto dell’effetto globale di questo fenomeno su chi ogni giorno lotta contro la fame.
Quindi ognuno di noi può davvero fare qualcosa per porre rimedio a questa situazione che sta peggiorando di anno in anno creando un divario sempre maggiore tra chi trae guadagno da tutte queste transazioni economiche e chi a causa di queste stesse transazioni è costretto a morire di fame.
In primo luogo leggendo con attenzione il kit informativo in cui tutti questi meccanismi sono ben spiegati, compreso quello del land grabbing che meriterebbe una trattazione separata, ed entrando in contatto con gruppi di persone, associazioni onlus e noprofit che trattano questi argomenti partecipando a petizioni e ad iniziative di sostegno alle popolazioni più penalizzate da questa speculazione.
Secondariamente poi, una volta chiari tutti i concetti fondamentali, si rivedono con attenzione i propri fondi di investimento per assicurarsi che tra le polizze, le assicurazioni e i fondi pensione stipulati non ci siano le cosiddette “commodities” legate a prodotti alimentari, per non andare inconsapevolmente ad alimentare questo subdolo meccanismo. Infine si cerca di limitare il più possibile gli sprechi di cibo che sono all’ordine del giorno nei paesi più industrializzati come il nostro (222 milioni di tonnellate l’anno di scarti alimentari).
Per chi poi volesse fare un ulteriore sforzo il terzo passo sarebbe quello di coinvolgere la propria città e il proprio comune in questo progetto chiedendo anche a loro trasparenza sulle operazioni finanziare fatte con i soldi pubblici e di adottare il codice di condotta sottoscritto dal sindaco di Milano in cui si pone particolare attenzione nell’amministrazione locale al problema della speculazione sul cibo.
Ognuno di noi nel suo piccolo può fare davvero una grande differenza contro questo problema e mentre noi combattiamo la nostra battaglia a livello personale c’è chi non ci lascia da soli infatti a livello nazionale è nata la campagna “sulla fame non si specula” promossa e sostenuta da importanti organizzazioni no profit che sta affrontando questo problema dall’aprile 2011.
A livello europeo si sta chiedendo al parlamento di fermare la speculazione finanziaria sui prodotti alimentari cercando di far approvare la proposta del commissario ai mercati interni Michel Barnier per migliorare la trasparenza dei mercati azionari e l’affidabilità dei prodotti derivati sulle materie prime.
Progetto fortemente appoggiato anche a livello internazionale dal World Development Movement, un’organizzazione non governativa attiva contro il problema della speculazione sui prodotti alimentari. Negli stati uniti esiste poi il progetto Dodd-Frank sulla riforma dei mercati finanziari che prevede una massiccia regolamentazione di tutti i prodotti finanziari la cui approvazione continua però a slittare a causa dei fortissimi interessi in gioco. Regolamentazione fortemente richiesta anche da un cartello di ONG americane; lo U.S. Working Group on the Food Crisis che sta facendo pressioni sul governo per ottenere passi avanti in questa lunga, difficile ma assolutamente necessaria battaglia.
Articolo scritto da Roberta Gotti
Per maggiori informazioni e approfondimenti:
- www.coopi.org/it/comunicazione/news/995/stop-alla-speculazione-finanziaria-sui-beni-alimen/
- www.sullafamenonsispecula.org
- http://it.wikipedia.org/wiki/Futures
- http://it.wikipedia.org/wiki/Strumento_derivato
- http://it.wikipedia.org/wiki/Swap_%28finanza%29
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